Da ormai quasi quarant’anni continua una grande diatriba attorno al significato di due termini dell’editoria, ovvero fumetto e graphic novel. Attorno all’utilizzo di queste parole si sente infatti una gran confusione, creata non tanto dai lettori quanto dalle case editrici stesse e da alcuni fumettisti, italiani e non.
Ad oggi, sono in molti a ritenere che vi siano delle differenze fra queste due parole, ovvero che i due termini rappresentino due tipologie di medium diversi.
Graphic novel, infatti, è uno di quei termini di derivazione anglosassone che tanto piacciono agli italiani ma che, al contempo, creano una serie di ambiguità ed errori nella loro definizione e nel loro utilizzo, spesso improprio. Questo soprattutto a causa di un’editoria e di un giornalismo, spesso ignorante in materia, che continua ad utilizzare questo termine in modo sbagliato, tal volta ipocrita, quasi avesse timore di utilizzare la parola fumetto.
Cerchiamo, quindi, di fare un po’ di chiarezza, rispondendo subito alla domanda centrale.
Ci sono differenze fra fumetti e graphic novel?
No. Graphic novel e fumetto rappresentano lo stesso medium, ovvero lo stesso mezzo di comunicazione contraddistinto da immagini e parole, inserite, per l’appunto, nei fumetti, ovvero le nuvolette (balloon in inglese) all’interno delle quale vengono riportati dialoghi e narrati. Entrambe le parole, quindi, definiscono una storia narrata attraverso immagini in sequenza.
Perché, allora, si continua ad utilizzare il termine GN proprio per evidenziare una differenza dal fumetto che in realtà non esiste?
Oggi, soprattutto in Italia, questa tendenza è principalmente una strategia di marketing degli editori volta a difendere il media che promuovono. Tante CE, consapevoli del livello culturale medio italiano, hanno cominciato ad utilizzare il termine GN per dare maggiore dignità al fumetto e per mostrarlo sotto una nuova luce, più intellettuale, come se ci fosse il bisogno di legittimarlo.
Il fumetto, però, non ha alcun bisogno di essere difeso, perché una sua dignità già ce l’ha. Sono proprio queste pratiche, invece, a minarne la solidità e ad arricchire i pregiudizi verso i fumetti.
Per quale ragione, allora, si è cominciato ad utilizzare questa parola?
Perché il termine “fumetto” ha una connotazione da intrattenimento di bassa levatura per un pubblico giovane/infantile, da sempre. Ancora oggi vi sono numerosi pregiudizi intorno al mondo dei comics, spesso addirittura chiamati “giornalini” o “giornaletti”, proprio per indicarne il basso valore e la loro destinazione ad un pubblico giovane.
Ecco, allora, che si è sentito il bisogno di legittimare la nona arte assegnandovi un nome diverso che servisse ad innalzarne il genere. Sia per chi lo vende, sia per chi lo legge.
Significato e origine del termine Graphic Novel
Il termine GN si cominciò ad utilizzare già alla fine degli anni ’60 per definire una particolare tipologia di fumetto. Richard Kyle, nel novembre del 64, utilizza il termine per definire un fumetto dal lungo formato; George Metzer, nel 1976, lo utilizza per Beyond Time and Again; Richard Corben, nel 1975, lo usa per Bloodstar. L’origine del termine, però, viene comunemente fatta risalire al 1978, quando Will Eisner la utilizzò per definire il suo Contratto con Dio.
A tal proposito si esprime bene Roberto Recchioni, curatore editoriale di Dylan Dog e autore prolifico di tanti fumetti nostrani (John Doe, Orfani ecc.) il quale afferma che: «Il termine Graphic Novel è nato dal disagio che Eisner aveva nei confronti della parola “Comics”. E Eisner aveva ragione perché, negli USA, i fumetti, sono chiamati con un nome che deriva dalle loro origine comica, appunto. Oggi il termine, nel mondo, è usato solo come un’etichetta commerciale, utile a vendere quelli che sono sempre e soltanto fumetti».
La critica di fondo, quindi, non è tanto nell’utilizzo del termine, quanto nella sua errata ed ipocrita applicazione volta a legittimare un medium per i quali, ancora oggi, molti intellettuali sentono un certo imbarazzo, come se la lettura ne potesse sminuire la persona.
La sua corretta traduzione risulterebbe infatti romanzo (novel) grafico (graphic), anche se per lo più viene utilizzato il termine romanzo a fumetti. Nel nome stesso della categoria comprendiamo come la grande distinzione iniziale la faccia il termine “novel”, il quale identificherebbe per l’appunto un fumetto non seriale, auto-conclusivo ed edito in un unico volume. In generale, quindi, possiamo dire che si è cominciato ad utilizzare questo termine come definizione merceologia di un fumetto non più pubblicato in spillati ma in volumi brossurati o cartonati.
Perché chiamarli graphic novel è sbagliato
Negli anni, le graphic novel hanno assunto alcune sfumature differenzianti rispetto al fumetto, benché queste siano per lo più errate (adesso ti spiego perché). Oggi, generalmente, con GN si intende:
- un fumetto (perché sempre di questo si tratta) non seriale, pubblicato in un unico volume;
- Un fumetto distribuito per lo più nelle librerie;
- un fumetto destinato a un target maturo, diciamo dai 30 anni in su;
- un volume che tratta tematiche profonde sviluppate attraverso sceneggiature complesse e curate;
- un’opera contraddistinta da una certa autorialità, contrapposta a quella del fumetto popolare.
Questi elementi, però, non sono caratteristici delle GN, ma semplicemente di alcuni fumetti. Ci sono fumetti pensati per un pubblico adolescenziale, per un pubblico infantile e per un pubblico maturo. Un po’ come per i manga, che si dividono in base al target di riferimento (shonen, seinen, shoujo ecc), così anche i fumetti sono caratterizzati da una grande diversità e varietà di genere e target.
L’associazione di questi aspetti alle GN è sbagliata e nociva.
Sai qual è una delle graphic novel più osannate di sempre? Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons. Eppure, Watchmen è in tutto e per tutto un fumetto seriale. In origine, infatti, uscì in una serie di maxialbi pubblicati a scadenza regolare, per poi venire ristampato in un unico volume.
Eppure Watchmen è una delle opere più autoriali di sempre, più curate dal punto di vista delle illustrazioni e della sceneggiatura e con tematiche complesse. E tutti questi elementi lo hanno reso uno dei più grandi Fumetti mai scritti: non graphic novel, ma fumetto.
Se Watchmen fosse una GN, lo dovrebbero essere anche tutti gli Omnibus della Marvel, i quali raccolgono decine di spillati in un unico volume. Oppure i cartonati di Orfani o Dylan Dog. Ma così non è.
Altro noto esempio di applicazione errata del termine GN è Saga, splendido fumetto fantasy scritto da Brian K. Vaughan e illustrato da Fiona Staples. Saga, infatti, è un prodotto seriale a pubblicazione mensile, composto, in Italia, da circa una decina di volumi.
Esiste una tendenza a inscrivere tutti i fumetti editi da BAO Publishing come graphic novel (forse per la vicinanza a Will Eisner?). Questa è un’operazione spinta dalla stessa casa editrice, la quale ha puntato su questo termine come elemento differenziante per rendere maggiormente appetibili i suoi albi ad un pubblico più critico e distante dal mondo del “fumetto tradizionale”.
Ma non sto dicendo che l’uso del termine GN sia sbagliato a priori. Ad esempio, alcuni dei lavori di GIPI sono gli unici che potrebbero essere iscritti nella definizione di Graphic Novel (o, per meglio dire, di Arte), come i volumi LMVDM, unastoria e La terra dei figli. Anche Maus di Art Spiegelman potrebbe essere inscritto in questa categoria, ma sempre e comunque di fumetti stiamo parlando.
Il grande errore, la grande ipocrisia, è quindi quello di riferirsi ad un GN come ad un prodotto di maggiore qualità rispetto ad un fumetto. Esistono, invece, GN brutti e GN belli, GN di qualità e altri di scarso valore, in modo del tutto uguale ai fumetti.
Altri sinonimi di “fumetto”
Nel tempo, sono stati creati una serie infinita di sinonimi, vuoi per cercare di darvi una categorizzazione, vuoi per cercare di venderli ad un pubblico ancorato al pregiudizio che un fumetto è un’opera destinata ai bambini. Fra questi vi sono:
- letteratura disegnata;
- romanzo grafico;
- romanzo a fumetti;
- romanzo illustrato.
Tempo di correggere il tiro
Quindi, smettetela di chiamare i fumetti graphic novel, perché state facendo il loro gioco, sminuendo il valore del fumetto e stimolando i pregiudizi di chi è esterno a questo mondo e non ha mai avuto il piacere o l’intelligenza di avvicinarvisi.
Insomma, chiamateli fumetti, perché questo sono.
E nel dirlo non mi rivolgo tanto ai collezionisti, lettori assidui o sporadici, che spesso questo concetto lo conoscono e difendono, ma alle case editrici, come Feltrinelli e Mondadori, che in questi anni, attraverso Feltrinelli Comics e Mondadori Comics, hanno spacciato un’idea sbagliata, arrecando più danni che altro.
E’ chiaro che il loro obiettivo (difendibile) sia quello di vendere, ma per farlo stanno danneggiando il mercato del fumetto “tradizionale” e rafforzando un’idea sbagliata.
Lo stesso appello andrebbe rivolto ai tanti giornalisti che in questi anni hanno parlato di graphic novel come mezzo per elevare il fumetto, come qualcosa di migliore. Nei loro pezzi è leggibile una sorta di disagio nel parlare di fumetti, una sorta di angoscia, quasi parlarne ne minasse l’autorità di giornalisti.
Tranquilli, non c’è alcun bisogno di legittimare ulteriormente la nona arte, né di nobilizzare la parola fumetto.
Forse, per capirlo, dovreste leggerne di più.