3% è un medley di saghe distopiche e urban-fantasy, con un concept grafico interessante e luminoso e un tema potente espresso in maniera innovativa e accattivante: un’accozaglia di super elementi, per un risultato troppo discreto.
Recensione 3%
3 per cento nasce come reboot di una webseries prodotta e creata da Pedro Aguilera nel 2011 ed è la prima serie tv brasiliana prodotta da Netflix. La prima serie è composta da 8 episodi di circa 45 minuti ma è già stata confermata una seconda stagione il 6 Dicembre, direttamente sulla pagina ufficile facebook della serie TV.
3% si affaccia sul catalogo Netflix presentandosi come serie tv intrigante e innovativa, un thriller distopico dalla marcata tradizione young-adult che lascia spazio anche ad ambientazioni sci-fi e momenti drammatici.
La serie tv parla di una realtà distopica nella quale il mondo è severamente diviso in due, la parte povera, che vive in baracche e favelas dove dilaga la criminalità e la violenza, e la parte ricca, che ha il diritto di vivere nell’Offshore, un luogo contraddistinto dal lusso e dal progresso scientifico. Entrare nella parte “giusta del mondo” è semplice: ogni volta che un ragazzo compie vent’anni ha diritto a partecipare al Processo, una serie di test ed esami che potrebbero dargli la possibilità di entrare nell’Offshore. Il problema? Solo il 3% di essi ci riesce: solo i più meritevoli.
La serie è sicuramente sconsigliabile ad un pubblico giovane, per quanto nella struttura richiami appunto la letteratura young adult, perché ogni episodio si caratterizza per una dura critica espressa in modo accesso e crudo, senza giri di parole. Critica alla diseguaglianza sociale e ai sistemi di governo ingiusti, ma anche all’egoismo e alla sete di potere. Sono molti i temi presenti, come ad esempio la disabilità, che emergono sia durante le prove del processo, che spesso risultano test di simulazioni sociali, sia dai comportamenti di Ezequiel, il capo del Processo, le quali azioni sono atte a rendere perfetto il Processo, così che solo i più meritevoli possano entrare nell’Offshore.
La serie è potente nel tema e nelle idee e la regia di César Charlone è sicuramente molto interessante e precisa, come lo è la scelta dei colori e della luce. Anche gli attori, per quanto sconosciuti, risultano molto capaci, per quanto non sia riuscito ad apprezzare la recitazione di Michele, Bianca Comparato, che mi è apparsa alquanto vuota ed inespressiva.
Qual è allora il problema di questa serie tv?
Il tempo, innanzitutto. Ogni episodio, soprattutto dopo il quinto, potrebbe essere riassunto in una manciata di minuti, senza per nulla intaccare la trama. I tempi sono infatti molto dilatati, lasciando troppo spazio a scene completamente inutili, che sembrano inserite con il solo obiettivo di allungare la durata dell’episodio.
Questo è in realtà solo metà del problema. 3%, infatti, presenta elementi narrativi davvero interessanti e una trama capace di sconvolgerti ad ogni episodio. Questo è il problema della sceneggiatura: a parti assolutamente inutili sono stati dati tempi eccessivamente lunghi, mentre parti più interessanti sono state approfondite in maniera troppo superficiale, lasciando troppe domande senza risposta. A molte di queste vedremo sicuramente risposta nella prossima stagione, ma avere fra le mani una serie dal potenziale così grande e vederla realizzata a metà, è un enorme dispiacere.
In parte sono certo che il problema possa dipendere dal budget molto ridotto rispetto ad altre serie presenti su Netflix, ma non posso non basare la mia recensione su questo senso di incompletezza. Perché la serie è bella, intrigante e potente, ma sarebbe potuto essere qualcosa di molto più grande: una serie di punta di Netflix. E dispiace vederla soffocata così.
Altro elemento che trova tutto il mio disappunto è la scelta delle musiche, che per quanto possa caratterizzare il cinema brasiliano, personalmente non riesco assolutamente ad ascoltare. Quella di 3%, ad esempio, è la prima sigla che non riesco a vedere ed ascoltare di Netflix, benché le altre le apprezzi davvero molto.
Piccola pecca, invece, per chi non apprezza i sottotitoli, è che 3% non presenta doppiaggio in italiano ma solo nella lingua originale, il portoghese, e in inglese. Personalmente ho cercato di guardare il primo episodio in lingua madre ma l’ho trovato troppo distante dalle mie abitudini ergo ho scelto il buon vecchio inglese.
Sintesi
3% è una serie dal potenziale enorme, visivamente e tematicamente intrigante, spietata e dura nella critica. E’ una serie che fa riflettere e che analizza e affronta un tema importante e profondo. Dal primo all’ultimo episodio ogni tua convinzione cambierà: in 3% nulla è bianco o nero, ma ogni realtà nasconde un lato nascosto, qualcosa non detto, che ti porterà a cambiare idea. Una serie che va certamente vista, soprattutto da chi cerca qualcosa in più rispetto al semplice intrattenimento. Una serie, però, che rimane soffocata, che avrebbe potuto avere un riscontro enorme, e che invece verrà presto dimenticata. Peccato.