Prima di partire con la recensione delle due stagioni di 13 Reasons Why (Tredici in Italia) vorrei fare alcune doverose premesse:
- Ho cominciato la serie prima che tutti ne cominciassero a parlare e mi ci sono approcciato con grande diffidenza, credendo si trattasse di un teen-dramascontato da guardare distrattamente;
- Ho da poco letto il libro di Jay Asher, ma non ho alcuna intenzione di fare paragoni fra la serie TV e il libro;
- Questa recensione è maledettamente soggettiva e c’è dentro tutta la mia vita, soprattutto gli ultimi anni. Sarà più simile a una confessione, a una mia cassetta, che a una recensione;
- La recensione di 13 Reasons Why è stata divisa in prima, seconda e terza stagione. Questo è stato necessario perché la valutazione delle due stagioni è diametralmente opposta, come la loro natura.
- Non abbiamo recensito la quarta stagione. Non ce l’abbiamo fatta. Già finire la terza è stata un’impresa.
La prima stagione di 13 Reasons Why, nota in Italia come Tredici, è stata senza ombra di dubbio la serie TV che mi ha trasmesso più emozioni, nonché uno dei titoli che più abbia mai apprezzato. Le ragioni sono tante e pian piano le vedremo tutte, ma la più importante è che questa serie è entrata in risonanza con la mia anima: è questo che l’ha resa perfetta. Tredici racconta la mia storia, il mio passato e il mio presente, racconta le mie più grandi paure, i miei più grandi rimorsi, ma ciò che amo di questa serie TV è che 13 Reasons Why racconta la Verità, racconta una realtà che esiste e che non è solo Americana, ma che rappresenta la quotidianità per migliaia di studenti italiani.
Trama
Tredici racconta la storia di Hannah Baker, doppiata dalla bravissima Martina Felli e interpretata da Katherine Langford, la quale, dopo essersi trasferita nella nuova scuola, deve affrontare una lunga serie di abusi e problematiche che la porteranno a suicidarsi. Prima di porre fine alla sua vita, però, Hannah decide di creare tredici cassette contenenti le ragioni che l’hanno portata a compiere quel gesto così estremo. Ognuna di queste cassette è “dedicata” ad una persona che le ha inferto un danno/abuso/torto; insomma, chi compare nella cassetta ha, in parte, ucciso Hannah. Una di queste cassette sarà destinata anche a Clay, un ragazzo perdutamente innamorato di lei, attraverso la quale scopriremo la storia della ragazza.
Introduzione
Tredici, in lingua originale 13 Reasons Why, trasposto graficamente in Th1rteen R3asons Why, è una serie TV originale di Netflix ideata da Brian Yokey e basata sul romanzo omonimo di Jay Asher, pubblicato nel 2007. La serie è prodotta dalla July Moon Productions, Kicked to the Curb Production, Anonymous Content e Paramount Television e fu inizialmente scritturata con Selena Gomez nel ruolo della protagonista, per essere pubblicata dalla Universal Pictures. La Gomez si è invece limitata ad apparire nel dietro le quinte, come executive producer della serie.
La Serie TV 13 è stata inizialmente presentata come uno young-thriller-drama composto da un’unica serie auto conclusiva di tredici episodi. Dopo l’enorme successo riscontrato è però stato ufficialmente annunciato, nel maggio 2017, che la serie TV avrebbe avuto un sequel, in uscita nel 2018. La notizia è però stata accolta con non pochi malumori da parte dei fan, i quali ritengono che un seconda serie potrebbe rovinare l’efficacia di 13.
Recensione 13 Reasons Why
Mi sono avvicinato alla prima puntata di Tredici in una notte di noia, incuriosito dalle chiacchiere che avevo sentito fare in un gruppo su Facebook. La cominciai a vedere per puro intrattenimento, sicuro di essere davanti ad un noioso teen drama scolastico che presto avrei abbandonato. Non lessi nemmeno la breve sinossi su Netflix e prima che la mia mente potesse elaborare la cosa mi ritrovai disteso a letto proiettato nel mondo di Hannah Baker e Clay Jensen. La sera dopo, precisamente alle 22, avevo finito di guardare l’ultimo episodio. Quella notte non riuscii a dormire e per molte altre notti la mia mente venne presa d’assalto dagli incubi… ma questa è una storia che vedremo più avanti.
Finì la serie TV in un solo giorno, guadando gli episodi mentre lavoravo. Avevo bisogno di sapere, avevo bisogno di risposte. Cosa mai poteva aver fatto Clay per meritarsi di comparire nella cassetta? Chi avrebbe pagato per tutto ciò che Hannah aveva sofferto?
Quando finì di vedere l’ultimo episodio compresi una cosa: che 13 Reasons Why era la mia serie preferita, e non poteva essere altrimenti.
Sono certo che, leggendo questa mia dichiarazione, tu abbia creduto che io sia un pazzo privo di competenze nell’ambito cinematografico. Breaking Bad, Black Mirror, Lost: queste sono solo alcune fra le tante serie TV realizzate in modo migliore, ma questa NON è una recensione oggettiva, questa è uno sfogo, è un raccontare perché, per me, questa serie sia la migliore.
Tredici è un racconto che procede su due binari paralleli destinati a non incontrarsi mai: su uno correva il treno di Hannah, andato rovinosamente a schiantarsi, e sull’altro il treno di Clay, che ha perso le ragioni per continuare a correre. La serie TV racconta la strada impervia e solitaria che Clay è costretto a seguire per scoprire una verità dolorosa; racconta la sua paura, una paura che lo lo rende inerme, debole, la paura di scoprire perché lui, la paura di scoprire in che modo lui potesse aver causato la morte di Hannah; racconta il suo rimorso e il suo senso di colpa che tutti noi sentiamo nostro, attraverso la sua difficoltà nel procedere nell’ascolto delle cassette, attraverso le sue lacrime e attraverso la sua rabbia, le sua grida, i suoi pugni.
13 racconta la disperazione di Clay, la disperazione di chi perde la donna che ama e non riesce a darsi una risposta. E racconta l’odio, la rabbia, la vendetta con la quale il ragazzo vuole portare giustizia: perché se qualcuno ha inflitto un torto, ora dev’essere pronto a riceverlo, a pagarne le conseguenze.
Ma è soprattutto la storia di un ragazzo distrutto, la storia di un ragazzo che non ha più nulla per cui combattere se non quel disperato desiderio di vendetta. Clay è solo, è abbandonato a sé stesso: nessuno può aiutarlo e deve affrontare tutto questo da solo.
Tredici, però, è innanzitutto Hannah Baker, è la storia di un suicidio, la storia di colpe, la storia di una vita come tante. 13 Reasons Why fa male, è una pugnalata dritta al cuore, e così dev’essere. Suicidio, abusi, depressione, stupri: davvero credete che tutto questo non appartenga alla vostra realtà? Quello che Hannah affronta non è fantasia, non è un mondo lontano del quale non serve preoccuparsi, ma è il ritratto della vita di migliaia di persone.
Hannah potrebbe essere tua sorella, potrebbe essere una tua cara amica, o potrebbe essere quella compagna di classe sempre sola, relegata in un angolo della classe. Se non lo vedi, se attorno a te non vedi nessuna Hannah, forse sei tu il problema, forse non vuoi vederla, forse non sei consapevole di questo mondo o, forse, sei uno dei tanti Justin, Bryce o Tyler.
Tredici ci prende per mano, ci afferra l’avambraccio piantando le unghie nella nostra carne, e ci trascina sempre più a fondo nell’intima disperazione di Hannah. Un viaggio senza lieto fine, che peggiora di episodio in episodio. Quando ormai si crede che il peggio è raggiunto, che non possa accadere altro, ecco lì un nuovo trauma, più forte di quello prima, che distrugge le ultime speranze e forze di Hannah.
E alla fine si arriva a quell’immagine, si arriva a piangere, a distogliere lo sguardo dallo schermo, a rabbrividire. Ci si trova davanti al volto senza anima di Hannah, freddo e solo nella vasca. I muscoli tesi, la mente che continua ad urlare: “Ti prego Hannah non farlo!”, “Ti prego no. Ti prego”.
Ma se lei è morta da sola, sono in tanti che, assieme, l’hanno uccisa.
Si, anche tu Clay.
13 Reasons Why è una serie televisiva che fa male, un male cane, e che ritrae uno spaccato di realtà che ognuno di noi ha vissuto. Magari io, tu e chi ci sta attorno l’abbiamo superato indenni, ma se sottovalutato può portare a tragici e definitivi epiloghi.
Solitudine, bullismo, violenza e depressione sono reali, sono maledettamente reali, e 13 ce lo racconta con i fatti. Nessun pelo sulla lingua, nessuna fantasia o avvenimento irreale: questa è la forza di Tredici.
Perché Tredici è la mia serie TV preferita?
Questo avreste già dovuto comprenderlo, e ancor meglio lo capirete nelle parole che verranno più avanti. Thriteen Reasons Why è la Serie TV che preferisco per il carico di emozioni che è riuscita a procurarmi.
E’ c’è riuscita per un semplice fattore: perché racconta ciò che ho vissuto e che continuo a vivere nel mio presente. C’è riuscita perché è un vivido ritratto della mia vita, è un racconto dei miei ultimi anni, seppur con un finale diverso.
Io, a differenza di Clay, sono stato accanto alla Mia Hannah quando lei mi spingeva via, mi prendeva a testate il petto e mi gridava contro. Ho avuto la forza di continuare a stringerla anche quando le lacrime mi rigavano il volto e le gambe non mi reggevano più. Quando non voleva essere sfiorata, quando non riusciva a parlare, quando non voleva farlo, io ero lì, anche a discapito di perdere me stesso.
Ho avuto la forza di raccoglierla da terra nei momenti più difficili, di far mia la sua tristezza, di parlarle e di comprenderla. Eppure la paura di perderla è ancor oggi maledettamente vivida in me. Gli incubi sono così reali, e non ho bisogno che sia notte per averli. Sono fissi nella mia mente.
L’immagine di Hannah con il volto della mia Ragazza rimarrà indelebile fino alla fine dei miei giorni.
Risposta alle critiche
Le critiche principali che sono state mosse alla serie TV di Netflix riguardano una presunta irrealtà negli avvenimenti raccontati e un’esagerazione di Hannah nei confronti degli abusi subiti. Davvero, mi piacerebbe poter dare credito a queste critiche, dire che 13 sbaglia, ma la realtà è che le cose stanno realmente così.
Stupri, depressione, maltrattamenti, bullismo: chi non si accorge di queste cose o vive in un mondo di fantasia, oppure preferisce guardare altrove. Chi invece le conosce, chi le ha affrontate e chi vi combatte, guarda questa serie con un’immersione totale, che spesso può portare a sentirla reale. Chi sa cos’è la depressione, chi vive accanto a qualcuno che ne soffre, si ritroverà ad immaginare Hannah Baker nella vasca con il volto della donna che ama: e fa male, davvero, un male cane.
La seconda critica, invece, nasconde una velata, neanche troppo, ignoranza in materia: è un sottovalutare la depressione e gli effetti che questa produce. Hannah non è stata uccisa da un singolo avvenimento, ma da una lunga somma di cose, più o meno grandi. E si, quelle piccole, quelle che a te possono sembrare insignificanti, per lei significavano tutto, per lei erano dolorose, enormi, inaffrontabili.
Perché la depressione non è un semplice stato d’animo, è una malattia mentale, e in quanto tale non va sottovalutata. Ogni piccolo sbaglio, ogni piccolo errore, ogni piccolo maltrattamento, è in realtà un dolore che una persona in salute non può neanche comprendere. La depressione non lascia scampo, non c’è un momento di luce: si è immersi in un buio soffocante che ti porta sempre più giù. Ansia, paura, senso di colpa e inadeguatezza sono solo alcuni degli stati psichici che attanagliano la mente di una persona che soffre di depressione, rendendole impossibile osservare il mondo oggettivamente.
Conclusione
Siate migliori di Clay.
Si perché, per quanto il suo personaggio sia migliore di tutti gli altri, è proprio di Clay la colpa più grande. Perché? Perché lui era l’unico in grado di salvarla, era l’unico che potesse fare qualcosa, ma non è stato abbastanza forte per esserci.
“Perché non me l’hai detto quand’ero ancora viva?” Quando Hanah ha pronunciato quelle parole ho avuto un tuffo al cuore, e al solo pensarci le lacrime mi bagnano gli occhi, perché in quel volto, nel volto della splendida ed emozionante Katherine, vedo quello della mia ragazza. E negli incubi la cosa si ripete, ma lei non è in quella stanza: è in bagno, morta.
Questo è quanto. Clay non ha avuto il coraggio di chiederle come stesse, non ha avuto il coraggio di starle accanto; Clay è scappato. Se ami qualcuno, se davvero provi qualcosa per chi ti sta attorno, allora chiedigli come sta, interessati e non farlo sentire solo.
Hannah poteva salvarsi, Clay poteva salvarla.
La recensione oggettiva
13 Reasons Why è una serie TV completa, drammatica ed emozionante, in grado di trasportare chiunque nel dolore dei protagonisti. La narrazione corre sempre più forte in al climax conclusivo potente e drammatico, tenendoti incollato allo schermo.
Il meccanismo che ci costringe a caricare l’episodio successivo è il voler scoprire perché Clay è in quella maledetta cassetta, ma mentre aspettiamo di conoscere la ragione entriamo in contatto con molte altre verità, con molte altre storie che ci legano ai personaggi della Serie Tv. Ci riflettiamo su di loro, riflettiamo la nostra vita, la nostra storia sugli episodi di 13: la facciamo nostra.
A rendere ancora più potente, spiazzante, drammatica e dolorosa questa serie sono anche gli attori, tanto sconosciuti quanto bravi e competenti. In primis Dylan Minnette e Khristine Langford, i due protagonisti, i quali non sbagliano un solo colpo e sono in grado di creare personaggi vivi, credibili ed emozionanti: due attori incredibili che hanno reso Tredici la serie di successo che è.
I tempi narrativi sono gestiti al meglio, dando il giusto spazio ad ogni avvenimento senza mai rallentare la narrazione o annoiare. Regia e fotografia sono invece in grado di dare maggiore spessore agli avvenimenti, soffermandosi su immagini forti che parlando da sole.
Si, ho finito.
Questo era quello che avevo da dire, queste erano le ragioni per le quali ritengo 13 Reasons Why la serie TV migliore di sempre. Una serie che non avrò mai più il coraggio di guardare, perché ancora oggi, a distanza di mesi, gli incubi mi attanagliano, una serie che mi ha fatto male, che mi ha portato ancora più a fondo, ma che, nel bene o nel male, ha in parte cambiato il mio modo di essere.
Siate migliori di Clay, interessatevi e stringete a voi le persone che vi stanno attorno, perché spesso un abbraccio può dire più di mille parole.