“Parafrasando” Zerocalcare, da quando scrocchiamo tutti Netflix sull’account ospite di qualcun’altro ci siamo impigriti una cifra, non scarichiamo più nulla e ci vediamo tutto quello che ci sta la sopra, quindi, alla fine, ci facciamo piacere anche roba discutibile, come la Casa di Carta.
E se per molte serie televisive alquanto discutibili può essere vero, con Elite non può certo valere. Non c’è pigrizia che tenga: Elite non può, e non deve, piacere.
Ma facciamo un passo indietro.
Élite è un teen drama/thriller ideato da Carlos Montero e Darío Madrona e distribuito da Netflix a partire dal 5 ottobre 2018. Serie televisiva spagnola che strizza l’occhio a Riverdale e a Big Little Lies, ÉLITƎ si sforza di raccontare i conflitti di classe e le discriminazioni razziali e religiose.
La (debole e confusa) trama
Gli eventi sono narrati attraverso lo stratagemma narrativo del flashback scaturito dalle investigazioni della polizia e raccontano le vicissitudini che hanno portato all’omicidio della studentessa Marina Nunier Osuna (María Pedraza) della Las Encinas, una prestigiosa scuola per ragazzi ricchi nella quale si sono appena trasferiti tre ragazzi della periferia povera: Samuel Garcia (Itzan Escamilla), Christian Valera Expósito (Miguel Herrán) e Nadia Shanaa (Mina El Hammani).
I tre giovani studenti, vincitori di una borsa di studio assegnatogli solo per nascondere e insabbiare un caso di frode in pubbliche forniture e truffa, sono costretti a divenire gli artefici di una lotta di classe scaturita dalla necessità di rivalersi delle continue discriminazioni razziali e sociali dei compagni di classe, appartenenti all’elite, e per sopperire ai divari sociali.
I privilegiati studenti dell’istituto Las Encinas tentano fin dal primo istante di rendere impossibile la vita dei tre nuovi arrivati, i quali tentano di aprirsi una strada, in quel mondo così distante da loro, in modo molto diverso fra loro. Nadia, comprendendo l’enorme opportunità, adotta un approccio menefreghista e competitivo, tentando di vincere il Premio come migliore studente, che le permetterebbe un futuro completamente diverso dal suo umile presente; Samuel, invece, cerca di tenere, fin dai primi istanti, un profilo basso, per sopravvivere alla durezza della situazione; Cristian, d’altro canto, esterna tutto il suo carattere e la sue personalità, puntando tutto sulla sua vitalità e cercando di farsi amici quegli studenti che vede come trampolino di lancio per il suo futuro.
Due mondi distanti, due mondi così uguali
Come un corpo sano rigetta un corpo sconosciuto, così l’elitè della società tenta di allontanare i tre giovani, disprezzandone ogni sfaccettatura. Deridendoli per la loro povertà e umiltà e per la distanza dai loro mondi, per le loro scelte religiose e le loro origini, gli studenti più ricchi vengono rappresentati fin da subito dai tipici cliché narrativi usati per caratterizzare la “malvagia” nobiltà, contraddistinta da personaggi cattivi, superficiali, avvezzi al vizio, al sesso e alle droghe. Dall’altro canto, la periferia povera dalla quale provengono i tre studenti viene ritratta con gli stessi espedienti narrativi e cliché: furti, spaccio di droghe, pochezza intellettuale, vandalismo e rissosità.
La commistione delle due realtà creerà uno stato di continua tensione nella quale i due mondi mostreranno le sfaccettature peggiori di sé, mostrandosi tremendamente simili nelle ipocrisie, negli errori, nelle bugie e in una innaturale e superficiale propensione alla cattiveria e alla scelta sbagliata.
Bene e male continueranno a mescolarsi in un piatto grigiume dal quale nasceranno complessi rapporti d’amore e d’amicizia fra gli studenti appartenenti ai due ranghi sociali diversi, in un tentativo becero e mal riuscito di mostrare come la convivenza fra le due realtà sia possibile e come personaggi, inizialmente valutati e etichettati come cattivi e ingiusti, possano in realtà cambiare e dimostrarsi l’opposto.
Chi troppo vuole nulla stringe
Cavalcando l’onda del trend americano che contraddistingue gli ultimi 10 anni di serie tv teen, gli sceneggiatori sovraccaricano in maniera pomposa, accesa e poco credibile la serie con elementi di critica sociale e politica, senza tralasciare tutte quelle problematiche che ritengono essere proprie degli studenti di quell’età.
Lo spettatore si trova così immerso in un’aspra e soprasatura serie che narra non soltanto le prime esperienze sessuali, la scoperta della propria sessualità, il bullismo e le discriminazioni sociali e religiose, ma che tenta pretenziosamente e fallacemente di narrare la lotta di classe e di potere, le ingiustizie derivanti dai divari sociali ed economici, il bigottismo e perbenismo sessuale e l’innato egoismo e perfidia dell’uomo.
E così ci si ritrova a rimbalzare da un tema all’altro, senza che gli sceneggiatori di Elitè siano in grado di narrarne anche uno soltanto nel modo corretto.
Se è una serie teen, han sbagliato tutto
Spesso si difendono le serie per ragazzi, giustificandone le mancanze di regia, plot e sceneggiatura per ragioni educative e d’intrattenimento. I registi Ramón Salazar e Dani de la Orden mostrano però tutta la loro incapacità e incomprensione della realtà adolescenziale, costruendo una serie che solo sulla carta risulta essere un teen-drama, perché nulla di Élite è pensato o scritto per un pubblico adolescente.
Tutto ciò che rende la serie maggiormente adatta ad un pubblico giovane sono i costanti e deliranti errori di sceneggiatura, che rendono la serie apprezzabile solo ad un pubblico alle prime esperienze e senza alcuna conoscenza del mondo seriale.
Esiste il male, esiste solo chi sbaglia, punto.
Non poteva, in questa serie Netflix così ridicola e malconcia, mancare forse l’unico fondamento delle serie teen: la morale. In Élite, però, non soltanto non emerge alcun messaggio positivo, ma sembra vi sia uno sforzo di base per rappresentare ogni individuo e ogni contesto nel modo più traviato possibile, evidenziandone e sovra caratterizzandone tutti gli aspetti più negativi e ambigui.
La recensione in breve
Élite ci insegna come, ancora oggi, gli spagnoli siano del tutto incapaci di produrre una serie pensata e ben scritta che sappia rispondere al target interessato senza scadere in una narrazione ridicola e fuori contesto.
Si stenta a trovare un solo aspetto salvabile in questa serie così mal scritta, indigesta, rozza e dai tratti quasi razzista. Forse avremmo potuto accettare questa serie 20 anni fa, assieme a Paso Adelante, ma oggi Élite risulta soltanto un prodotto seriale di serie B (anche C), un racconto pretenzioso e mal scritto che lascia emergere l’incapacità degli sceneggiatori nella comprensione della vita reale, adolescenziale e non.
Poco, quasi nulla, ha delle serie TV Élite, che ben più si avvicina ad essere ricordata come ridicola, vergognosa e mal scritta soap opera spagnola, un titolo seriale di cui nessuno sentiva il bisogno.