Un po’ per passione, un po’ per lavoro, un po’ per quell’ingiustificato magnetismo che mi provocano alcune serie TV recenti al limite del trash, negli ultimi anni ho divorato, una dietro l’altro, le serie adolescenziali più recenti. Alcuni titoli, come The End of the Fu***ing World e Sex Education, rappresentano dei piccoli capolavori, opere splendidamente riuscite e perfette per rivolgersi ad un pubblico di giovani; altre, invece, come Elite o Riverdale, rappresentano il peggio che una serie possa mostrare. Tornando indietro di qualche anno troviamo titoli come Glee e Gossip Girl, o ancora meglio Skins. Eppure tutte queste serie, anche quelle più belle, non sono riuscite a fare quello che due vecchi programmi televisivi sono invece riusciti a realizzare, ovvero imporsi nei ricordi e nei cuori delle generazioni che le videro in prima visione. Parlo, ovviamente, di Dawson’s Creek e, per l’appunto, The O.C..

The OC

Ci sono una serie di elementi culturali che, per una ragione o per un’altra, finiscono irrimediabilmente per rappresentare una generazione. Quando persone della stessa età si trovano a discutere del proprio passato e a condividere i ricordi malinconici che li hanno formati come adolescenti, individuano una serie di cartoni animati, cantanti, film ed eventi che sono ancora oggi parte di loro e che sentono in modo molto più vivido e intimo di chiunque altro esterno a quella generazione.

Per quasi tutti i nati fra il 90′ e il 96, The O.C. rappresenta un elemento generazionale di unione, una serie televisiva che ognuno di loro ha visto e che ricorda con emozione, e magari un po’ di vergogna. Se parte California dei Phantom Planet, la nascita di un coro spontaneo è scontato, così come accade per Hide and seek degli Imogen Heap, canzoni che tutti noi associamo a The O.C. e che smuovono in noi il calore degli splendidi anni passati a guardarla davanti alla televisione.

Questo è il potere di O.C., il potere del teen drama statunitense, creato da Josh Schwartz, che Italia 1 trasmise dal 2004 al 2007; non una semplice serie, ma un vero e proprio fenomeno culturale che noi, adolescenti di allora, non possiamo smettere di amare.

E così, pochi giorni fa, ho deciso di riprenderla in mano, di concedermi di immergermi in quella sensazione malinconica che solo la maratona di The O.C. può instaurare. Pensavo fosse invecchiata male, pensavo avrei riso delle scelte di scrittura e dello stile ormai vecchio, e invece sono finito per divorarla, forse più di quanto feci da giovane. Perché sì, ancora oggi è un teen drama più che meritevole, una serie ben riuscita, divertente, straziante e unica nel suo genere.

The O.C. è sincero

Personaggi semplici, veri e complessi sono l’elemento più prezioso di questa serie, quello che gli ha permesso di raggiungere il cuore degli spettatori e di interessarli alle storie narrate. Ryan Atwood, interpretato da un eccellente Ben McKenzie, in grado di dare al personaggio la profondità cercata dagli sceneggiatori, rappresenta la parte più difficile dell’America, quella povera, violenta e senza speranze. Il suo destino viene stravolto da Sandy Cohen (Peter Gallagher), doppiato dal sempre bravissimo Luca Ward, che lo accoglie nella propria casa come un figlio, cambiando per sempre la sua vita e quella di tutta la famiglia Cohen. Il passato difficile e gli scheletri nell’armadio seguono infatti Ryan fino ad Orange County, che viene messa sotto sopra dal momento del suo arrivo. Ma Ryan non ha colpe, se non quelle di scoprire ipocrisie e bugie dell’alta classe di Newport Beach, taciute fino a quel momento.

Ryan e Seth The O.C.

O.C. è una serie di formazione, non soltanto per Ryan, il quale si troverà a provare e riprovare a cambiare vita, per quanto il passato continui a mettergli i bastoni fra le ruote. Ogni personaggio cresce. Lo fa Seth Cohen, che grazie all’amicizia del nuovo fratello riesce a prendersi la propria rivincita e a dare una svolta alla sua vita. Da nerd emarginato, Seth si ritroverà pieno di amici, amori e vittorie personali. Crescono e cambiano Sandy e Kirsten, che attraversano momenti difficili e delicati a livello personale e relazionale, trovando sempre la strada per tornare insieme, forti dell’amore che nutrono. Cresce addirittura July Cooper, da sempre invischiata in relazioni opportunistiche e legata al denaro più di ogni altra cosa. Cresce per le figlie, per essere una madre migliore, ma anche per sé stessa e per Kirsten, comprendendo di dover cambiare per poter essere l’amica che avrebbe dovuto essere.

O.C. parla in primis di difficoltà personali e relazionali. La serie mette in luce tutte quelle che possono essere le problematiche di un ragazzo proveniente da una famiglia disagiata alle prese con la criminalità e l’alcolismo; mette in luce le sfide dei ragazzi, incastrati in relazioni malsane, tradimenti, emarginazione, bullismo e paura del futuro; mette in luce le bugie che ci raccontiamo, gli sbagli che facciamo per tenere unita la famiglia, per sopravvivere, per stare a galla; mette in luce i problemi di coppia, le sfide che marito e moglie devono superare ogni giorno, e l’importanza che la fiducia riveste nelle relazioni.

Sullo schermo vediamo i problemi dei protagonisti, che altro non sono che i nostri. Ed è questo che funziona. Perché The OC parla di noi, e lo fa in modo preciso, credibile e toccante. I personaggi funzionano, le dinamiche che si instaurano fra loro sono potenti ed esagerate come lo sono le esperienze che viviamo durante l’adolescenza.

Si riflette, si ride, e non si può non piangere

Nonostante le sempre più gravi difficoltà che i personaggi si trovano ad incontrare nel loro percorso, qualcuno che ci strappa un sorriso lo troviamo sempre su OC. Le dinamiche e i riti della famiglia Cohen sono genuini e ricchi di quell’umorismo spontaneo che ognuno di noi capisce, perché affine alla propria natura. Seth, poi, è sarcastico per natura, e le sue battute, spesso ciniche ed esposte nel momento sbagliato, sono divertenti e ben scritte, e ci aiutano a ridere anche nei momenti più difficili. Così accade con il padre del giovane nerd, uno dei personaggi meglio riusciti della serie.

The OC personaggi Sandy non è soltanto il padre che ognuno di noi vorrebbe avere, ma un uomo gentile, premuroso, ancorato sui propri valori e con una forte morale. Ma è soprattutto un marito eccezionale, un uomo che crede nell’amore e nella famiglia, un uomo che ama alla follia e che per la propria moglie raggiungerebbe la luna. La sua bontà e le sue parole gentili smuovono gli animi e raggiungono tutte le persone che gli stanno attorno.

Grazie alla vicinanza che gli spettatori provano rispetto a questi splendidi personaggi e alle loro vite, le lacrime non possono mancare durante la visione della serie. Non sempre per tristezza, ma anche per gioia si finisce per piangere rovinosamente. Perché quando Lindsay Gardner, devastata dalla tristezza e in lacrime, torna a casa a Natale e trova la sua nuova famiglia ad aspettarla, con la casa addobbata e illuminata per la prima volta nella vita, possiamo davvero sentire la sua emozione coinvolgerci, e la sua felicità raggiungerci. E piangiamo anche quando Caleb Nichol muore, stroncato da un infarto. Piangiamo perché, nonostante Caleb sia una pessima persona, un vero e proprio bastardo, al suo funerale siamo partecipi del dolore della figlia, e di Seth, ed è per loro che ci ritroviamo a piangere, perché ne comprendiamo la sofferenza, come fossero nostri amici.

Questo è The O.C., una serie splendidamente riuscita che racconta la vita di adolescenti e adulti in una città ipocrita e falsa, una vita fatta di amori giusti e sbagliati, di sfide personali, di paure per il futuro e problemi personali. OC è una serie che rimane nel cuore, come le sue splendide canzoni e i personaggi sfaccettati e complessi, il cui percorso di crescita ha accompagnato la nostra.

Ed è per questo che presto tornerò a vederlo.

Perché forse non è una serie spettacolare, ma è pur sempre The O.C.!

The O.C. Serie Comp.1-4 (Box 10 Dv)
  • O.C
  • STAGIONE 1-4
  • The O.C. è stato trasmesso in...

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