Kiss Me First è una serie televisiva britannica che trae ispirazione dalle atmosfere inquietanti e realistiche di Black Mirror, salvo poi trasportarci in una realtà ben diversa, dove si delinea un teen-thriller la cui componente cyber/fantascientifica si dimostra un misero abbozzo sfumato di poco conto.
Bryan Elsley riprova ad ottenere l’enorme successo riscosso della serie ideata assieme al figlio Jamie, Skins, sfruttando, come allora, giovani protagonisti esordienti e incentrando la serie su numerose problematiche giovanili. Nel farlo si ispira al libro omonimo di Moggach Lottie Kiss Me First, ma i risultati ottenuti sono ben distanti da quelli potenzialmente raggiungibili.
La realtà virtuale e le potenzialità sprecate
Annunciata e lanciata come una serie televisiva fortemente incentrata sulla realtà virtuale e le numerose discussioni che la circondano, tradisce fin dai primi episodi tutte le aspettative, narrando una storia che sfrutta il cyber-mondo come semplice trampolino di lancio per un thriller-mistery a conduzione adolescenziale. Nessuno certo si aspettava un’epopea alla Ready Player One, ma da Bryan Elsley ci si aspettava un prodotto che sapesse cogliere l’enorme potenzialità dell’argomento Realtà Virtuale e che riuscisse a trasporlo in una serie televisiva critica e riflessiva.
Nulla di tutto questo, invece, viene fatto, e il mondo di Azana, la realtà virtuale nella quale i problematici protagonisti si rifugiano per scappare da una realtà tremendamente dura e difficile, non viene che abbozzata, mostrata di sfuggita e senza alcuna caratterizzazione.
Cos’è Azana? Come ha influenzato la vita delle persone e, soprattutto, degli adolescenti? A nessuna domanda troviamo risposta, e presto ci ritroviamo a smettere di farci domande, comprendendo che Azana non è altro che un’allodola per uccelli.
Il regista, però, perde anche l’occasione di creare un contesto credibile e interessante, sorvolando su ogni singola caratteristica e aspetto di Azana. Quello che abbiamo modo di vedere è solo Red Pill, il rifugio segreto dal nome ispirato a Matrix nel quale i problematici personaggi si ritrovano. Cosa succede, davvero, su Azana e come si comportano le persone all’interno di questo mondo, non ci è dato saperlo.
Quel poco che viene costruito e mostrato, però, non risulta soltanto superficiale, ma anche poco credibile e insensato. In un mondo digitale di assoluta libertà e fantasia, gli avatar dei personaggi di Kiss Me First sono identici alla loro figura. Ma davvero un adolescente non desidera essere qualcun’altro? Davvero nessuno dei protagonisti preferirebbe cambiare il suo aspetto e fuggire quanto più possibile dalla realtà?
Noiose anche le ambientazioni di Azana, che risultano anch’esse troppo simili alla realtà, benché le animazioni e la grafica utilizzata per la realtà virtuale sia veramente interessante e ben fatta!
Un amore stupido, un’amicizia insensata, una trama sbagliata
Tanti, troppi sono gli errori di questa serie TV prodotta da Netflix che si riassumono, per la maggior parte, nei legami intessuti da Leila, la protagonista. Kiss Me First è infatti incentrato sul sentimento d’amicizia fra lei e Tess, una ragazza misteriosa che convince Adam, il creatore di Red Pill, a portarla nel loro mondo.
Ancora una volta, però, senza una ragione.
Tess non ha mai parlato a Leila, eppure, fin dal principio, pretende che questa diventi la sua migliore amica, comportandosi come una stalker malata. Le sue azioni sono del tutto insensate, come lo sono le risposte di Leia, e così la serie procede fra un’incongruenza e l’altra, mostrandoci due ragazze completamente diverse che si uniscono in amicizia senza una sola ragione, tra crisi psicotiche e serate alcoliche in discoteca.
Ad aggiungersi abbiamo Jonty, inquilino strampalato con cui la protagonista stringe una relazione sentimentale del tutto innaturale e poco credibile.
E questi, ahimè, sono solo alcuni degli errori che costellano la serie TV.
Kiss Me First aveva in sé un potenziale enorme, che ogni tanto si intravede grazie alla narrazione, purtroppo superflua, di alcune delle problematiche giovanili più dure e complesse, e che poteva sfruttare il mondo di Azana per creare una serie di successo innovativa.
Bryan, invece, scade nella noia più totale, disegnando una serie ricca di incongruenze, superficialità e insensatezze che rendono i vari episodi per nulla piacevoli. Forse la colpa non è soltanto sua, ma anche della trama poco riuscita del libro di Moggach Lottie, ma questo non giustifica la realizzazione di una serie dalla sceneggiatura così scadente.